
Il primo comma dell’art. 120 C.d.S., in tema di requisiti morali per l’ottenimento o il mantenimento della patente di guida, prevede che “non possono conseguire il titolo abilitativo i soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione e le persone condannate per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del testo unico di cui DPR 309/90, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi”.
È chiaro quindi il dettato normativo nella parte in cui stabilisce che i soggetti che sono, o sono stati, condannati per vicende legate agli stupefacenti o sottoposti a misure di sicurezza o di prevenzione non possono conseguire per la prima volta la patente se prima non ottengono un provvedimento riabilitativo.
Il secondo comma del medesimo articolo 120 C.d.S., dispone inoltre che “se le condizioni soggettive di cui al comma 1, si verificano dopo il rilascio della patente, il prefetto deve disporne la revoca”
Alla previsione ora richiamata fa seguito quella di cui al comma 3 che recita: “la persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2, non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni”.
Ad una prima lettura, serberebbe potersi dire che le persone a cui è stata revocata la patente di guida in conseguenza di una condanna per stupefacenti o all’applicazione di una misura di prevenzione possano richiedere un nuovo titolo abilitativo alla guida semplicemente una volta trascorsi tre anni dall’emissione del provvedimento di revoca. Il comma 3° dell’art. 120 C.d.s. non contiene, infatti, alcun riferimento a provvedimenti riabilitativi (richiesti invece dal comma 1° del medesimo articolo per i casi di primo conseguimento della patente) né rinvia in altro modo alla previsione del comma 1°.
Tale interpretazione non è, tuttavia, mai stata accolta dagli organi preposti (in primo luogo dalle Prefetture) secondo le quali, per il conseguimento di una nuova patente di guida, indipendentemente dal fatto che l’interessato sia stato in passato titolare di titolo abilitativo, è corretta l’applicazione del primo comma dell’art. 120 C.d.S. in combinato disposto con il suo comma terzo, così che, in aggiunta al decorso di un lasso di tempo di almeno tre anni dalla revoca del precedente titolo abilitativo alla guida, sono necessari idonei provvedimenti riabilitativi per il superamento dei motivi ostativi individuati dal legislatore.
La rigidità della norma in esame, così come in concreto interpretata, è stata recentemente attenuata da diverse pronunce della Corte Costituzionale che, incidendo sul secondo comma dell’art. 120 C.d.S. hanno di fatto sostituito la parola deve [disporre la revoca] con la parola può.
La Corte delle leggi, quindi, è andata a censurare l’automatismo che portava, in presenza di determinati presupposti, all’emissione di un provvedimento di revoca della patente, evidenziando che tale provvedimento deve necessariamente trovare fondamento in una concreta situazione di pericolo per la pubblica sicurezza, adeguatamente verificata a seguito di istruttoria e motivata all’esito di un procedimento amministrativo in cui sia garantito il contradditorio con la parte interessata.
In questo si è espresso, fra i tanti, il TAR Lombardia (Brescia), con sentenza 21 marzo 2018, n. 343, con la quale si è evidenziato che “il venir meno dell’“automatismo” precedentemente disciplinato dall’art. 120, comma 2, c.d.s. (e ricollegante la revoca del titolo di guida all’intervenuta pronunzia di una sentenza penale di condanna), impone, ora, alla competente Autorità prefettizia una (necessaria) valutazione in ordine alla immanenza e consistenza degli elementi suscettibili di inalveare un giudizio di “insussistenza” dei requisiti morali: giudizio che, lungi dal promanare dal mero pregiudizio penale, deve transitare attraverso un apprezzamento discrezionale”.
Andranno pertanto valutate le singole decisioni giudiziali “onde conoscere aspetti del comportamento illecito tenuto dai condannati, utili a corroborare la prognosi di pericolosità” verificando, ad esempio, se i reati riferiti al testo unico sugli stupefacenti siano stati commessi con l’uso di veicoli a motore o cagionando sinistri, (Circolare n°5210 del 28 marzo 2018 Ministero dell’Interno).
È quindi opportuno procedere ad una attenta verifica dei provvedimenti di revoca della patente per verificar se gli stessi siano stati presi in conformità con la normativa e i più recenti interventi della giurisprudenziali e, in caso contrario, avviare un procedura di riesame della pratica per ottenere la restituzione della patente di guida o l’eliminazione del pregiudizio ostativo al rinnovo della stessa.
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