Lo studio del fenomeno delle frodi IVA è stato ampiamente sviluppato in sede di Unione Europea in virtù dell’interesse dell’UE stessa alla protezione dei propri interessi finanziari[1].
Tutte le pratiche finalizzate all’evasione dell’imposta sul valore aggiunto costituiscono, infatti, un impedimento al corretto funzionamento del mercato comune nella misura in cui provocano distorsioni nella concorrenza tra i contribuenti danneggiando sia i singoli Stati Membri, che l’Unione Europea.
L’art. 280 del Trattato UE recita testualmente: “La Comunità e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari della Comunità stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri. Gli Stati Membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari”.
La frode si configura nel seguente modo: la cosiddetta conduit company (A) effettua una fornitura di merci intracomunitaria, non imponibile, ad una società fittizia (B) - denominata società cartiera o missing trader – residente in un altro Stato Membro.
Alle operazioni commerciali fra stati comunitari si applica infatti il sistema del cd. reverse charge, in base al quale l’imposta sul valore aggiunto (IVA) non viene addebitata in fattura lasciando che sia l'acquirente, in un momento successivo, a dover versare l'imposta al fisco del suo paese, secondo l'aliquota ivi vigente
La società (B) acquista, quindi, dalla società (A) le merci senza pagamento l’IVA e poi effettua una fornitura nazionale ad una terza società (C) denominata broker applicando l’aliquota fiscale prevista. La società fittizia (B) incassa quindi l’IVA sulle vendite effettuate al broker, ma non versa l’IVA all’Erario e scompare[2]. Il broker (C) procederà alla richiesta del rimborso o alla detrazione dell’IVA sugli acquisti effettuati presso (B). Di conseguenza, la perdita finanziaria per l’Erario è l’IVA pagata da (C) a (B) e non versata da quest’ultimo. In seguito, la società (C) pone in essere una fornitura intracomunitaria esente alla società (A) e quest’ultima può, a sua volta, effettuare una fornitura intracomunitaria esente a (B) ripetendo il tal modo il ciclo della frode e da ciò l’appellativo di frode carosello.
Al fine di ostacolare e complicare l’attività di contrasto all’evasione lo schema proposto può essere oggetto di varianti con la frapposizione di società, tendenzialmente estranee al programma criminoso -le cosiddette società buffer- che si limitano ad acquistare da un soggetto ed a rivendere ad un altro soggetto, in modo da rendere meno evidente il collegamento delle diverse operazioni.
Come si vede, la frode, in senso materiale, è posta in essere dal soggetto B, che acquista merci senza applicazione dell’IVA (e quindi paga, in ipotesi, la sola merce di 100) e rivende con applicazione dell’IVA (e quindi incassa, 122 cioè 100 più 22 di IVA) e poi, in violazione alla normativa vigente, non provvede al versamento dell’IVA dovuta (nell’ipotesi 22), sparendo dalla circolazione ovvero rivendendo la merce sottocosto in virtù del preordinato intento di non pagare l’imposta sul valore aggiunto.
Gli altri soggetti coinvolti dagli organizzatori materiali della frode non pongono in essere in realtà alcuna violazione, in quanto si limitano ad acquistare e vendere, nel pieno rispetto della normativa in materia, applicando un piccolo margine di guadagno sulle transazioni effettuate.
In tutti i passaggi della merce, quindi, l’IVA viene regolarmente applicata, mentre sarà sempre e solo la società cartiera (B) che si renderà irreperibile continuando a non versare l’IVA e così generando il guadano illecito della frode.
In relazione alla diversa funzione che le società svolgono nella frode, devono avere ciascuna caratteristiche ben precise. Il missing trader, dovendo sparire senza pagare l’IVA, è una impresa senza alcuna struttura, che viene aperta e chiusa dopo poco tempo, e quindi senza una storia ed una effettiva attività economica. Spesso tale società (la società cartiera) è creata da persone equivoche, appartenenti alla malavita, con precedenti penali o con dissesti finanziari alle spalle.
Il broker (C) invece, deve pagare la merce IVA compresa (122 nell’esempio di prima) e poi rivendere la stessa merce alla società (A) senza applicazione dell’IVA (incassando solo 100) pagando quindi 22 in più di quanto incassato, ottenendo in cambio un credito IVA, che deve poi recuperare o mediante compensazione con IVA effettivamente dovuta, o mediante richiesta di rimborso. Tale soggetto, quindi, deve essere una impresa finanziariamente solida (in quanto deve anticipare 22) e con la possibilità di recuperare l’IVA a credito, e quindi con una attività economica effettiva da cui si generi un valore aggiunto sufficiente. La società broker quindi è di regola un normale e serio operatore di mercato, finanziariamente solido, inconsapevole dell’esistenza del disegno criminoso e del fatto che la società B non versi l’IVA, altrimenti, se percepisse una situazione equivoca, non sarebbe disposto a correre rischi e non porrebbe in essere l’operazione; al fine di limitare tale pericolo, gli ideatori della frode utilizzano, sovente, le c.d. società buffer la cui funzione specifica è appunto quella di non mettere direttamente in contatto il missing trader (B) con il broker (C) al fine di evitare che quest’ultimo possa dubitare della serietà del fornitore.
La particolare struttura della frode a carosello prevede quindi, di sovente, il coinvolgimento nel programma criminoso di una società estranea allo stesso e spesso inconsapevole che, pur agendo in buona fede, rischia concretamente di essere in ogni caso coinvolta a livello tributario e penale in quanto partecipe della frode.
Per quanto la responsabilità penale per tale tipo di illecito richieda la forma del dolo, e quindi la coscienza e volontà di porre in essere delle condotte funzionali alla frode a carosello, per escludere anche la responsabilità di tipo tributario è necessario che il contribuente - in questo caso società broker che emette fatture nei confronti della conduit company, ovvero la società “cartiera” - non si esponga neppure a profili di colpa, cosa possibile, ad esempio, attraverso l’adozione di una adeguata procedura acquisti e di una approfondita due diligence al momento della scelta degli operatori commerciali con i quali avviare operazioni commerciali.
In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione civile con ordinanza 23080 del 22.10.2020 con la quale ha sostenuto che "in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria contestando che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite nell’ambito di una frode carosello, sebbene abbia l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, comunque la dimostrazione dell’elemento psicologico può dedursi, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente fornitore".
Dimostrando l’attenzione nella valutazione non solo della prospettiva commerciale ma anche degli stessi interlocutori (soggetto fornitore e soggetto acquirente), nonché la predisposizione e l’applicazione di una procedura operativa che garantisca sull’effettività dell’operazione commerciale stessa (es. esistenza della merce, effettiva spedizione e consegna etc) è possibile, quindi, dimostrare sia in sede penale che in sede tributaria la buona fede della società, suo malgrado coinvolta inconsapevolmente in un frode a carosello.
[1] Si ricorda che gli Stati Membri contribuiscono alle risorse proprie del bilancio comunitario in proporzione all’IVA introitata [2] Una variante di questo schema può essere rappresentata da un missing trader (B) che invece di effettuare un acquisto intracomunitario proceda all’estrazione di merci extracomunitarie dai depositi IVA istituiti con D. L. 331/93, art. 50 bis e le rivenda successivamente al broker (C).
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