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Offerta o cessione di materiale pedopornografico


L’art. 600 ter c.p., vietando e tipizzando un gran numero di condotte, sanziona la pornografia minorile.

Il Legislatore, tra le varie, ha inteso censurare e punire chi fa commercio di materiale pedopornografico, ma ha commisurato l’ambito edittale della pena distinguendo i casi nei quali la cessione, a titolo oneroso, del predetto materiale avvenga da parte di una struttura organizzata (comma 2°) dalle ipotesi in cui l’offerta, sia essa a titolo oneroso o gratuito, avvenga dal soggetto che non perpetri tale attività abitualmente.

La Giurisprudenza di merito ha chiarito che l’espressione “fa commercio”, utilizzata dal Legislatore nel comma 2°, evoca la realizzazione di un'attività organizzata, sia pure di tipo rudimentale, avente ad oggetto la cessione a fine di lucro di materiali pedopornografici; pertanto, esulerebbero da essa le singole cessioni isolate, avulse rispetto ad un'organizzazione del traffico illecito.

Per i Giudici di merito, al fine di ravvisare l'attività commerciale sanzionata dalla norma, è necessario che vi sia una vera e propria attività imprenditoriale, dotata di capacità diffusiva ed in grado di assicurare una offerta al pubblico duratura nel tempo; infatti, affermano che la condotta criminosa sanzionata in tale comma debba consistere in una vendita reiterata, connotata da una abituale e continuativa attività lucrativa. Al contrario, hanno ritenuto che l'attività punita con la previsione di cui al comma 4° della citata disposizione si possa risolvere in isolati comportamenti, compiuti pure a titolo di amicizia, aventi il requisito della occasionalità e della sporadicità.

Tale Giurisprudenza, quindi, ha ritenuto che l'elemento specializzante fra le due condotte criminose fosse il requisito organizzativo, comportante la possibilità di una offerta rivolta al pubblico tendenzialmente stabile e con canali di distribuzione sempre alimentati.

Sulla questione è intervenuta di recente la Suprema Corte di Cassazione, la quale ha ritenuto che per integrare l’ipotesi di reato sanzionata dal comma 4° del predetto articolo – avente, nella valutazione del Legislatore, un'assai minore gravità rispetto alle altre – l'attività di offerta ovvero di cessione del materiale pedopornografico debba concretizzarsi in qualche cosa di diverso dalla attività di chi "fa commercio" dello stesso (sanzionato al comma 2°).

Al riguardo, la Corte ha ritenuto indubbio che il criterio distintivo non possa essere ricollegato alla natura patrimonialmente rilevante, o meno, della attività in questione.

Il discrimine, pertanto, deve essere collocato nella diversa valenza che hanno le espressioni utilizzate dal Legislatore; cioè, in un caso "fa commercio" (comma 2°) e nell'altro caso "offre o cede" (comma 4°); diversa valenza che, si ritiene, debba essere la conseguenza non della morfologia immediata della singola condotta, posto che, indubitabilmente, dal punto di vista fenomenico, l'attività di chi "fa commercio" di un bene (inteso questo nella sua più vasta accezione) si concretizza nella offerta della sua consegna a terzi e nella effettiva cessione di esso a fronte di un controvalore.

Pertanto, il criterio distintivo deve essere rinvenuto negli elementi costituenti le modalità attraverso le quali, nelle due diverse ipotesi criminose, le predette condotte sono poste in essere.

La Suprema Corte ha concordato con quanto ritenuto dalla Giurisprudenza di merito in ordine al requisito di natura necessariamente organizzata dell’attività di commercio di materiale pedopornografico.

Ha, inoltre, chiarito che l’organizzazione deve essere intesa quale predisposizione di mezzi, di conoscenze o di persone al fine della sua realizzazione, e che una realizzazione sorretta da una attività organizzata, sebbene numericamente isolata nel suo evento finalistico, non può definirsi occasionale, laddove per occasionale si intenda, come intendersi si deve, un'attività estemporanea e non supportata da una qualche struttura teleologicamente indirizzata verso il suo compimento.

In altre parole, la Cassazione ha reputato che non può sicuramente considerarsi occasionale, per rimanere nell'ambito criminale, il compimento anche di un unico reato laddove la perpetrazione di esso abbia richiesto una articolata preparazione.

Virginia Solazzo

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